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182 ettore gabrici

rone1 “C. Memmius Gemellus” dove tutt’i codici hanno “C. Maenius Gemellus” si spiega agevolmente il rovescio di questo denaro, col supporre che il monetiere avesse il cognome Gemellus2.

Il voler trovare in Troia tracce del culto dei Dioscuri per ispiegare il rovescio della nostra moneta, è opera vana; in Isparta nacque la loro leggenda donde si diramò per tutta la Grecia, nè sono mai associati ad eroi troiani nei monumenti, e resta perciò unica la notizia di Plinio3 e di Claudiano4 riguardante un dipinto di Parrasio con Enea, Castore e Polluce. Per tali ragioni converrà rinunziare ad una spiegazione plausibile, ovvero ricorrere ad altre congetture. E qui osservo che la spiegazione si presenta facile e spontanea a chi legga la storia di Menesteo ateniese, che è intrecciata con quella dei Dioscuri.

Narra Plutarco che, essendo Teseo re di Atene, Menesteo, il quale si studiava di guadagnarsi il favor della plebe, incitava i più potenti, che già da gran tempo mal comportavano Teseo. Mentr’egli faceva questi maneggi, aggiunse grande impulso alla sedizione la guerra mossa dai Tindaridi, che sopravvennero, e alcuni dicono, senza esitazione, che sopravvennero persuasi da lui. Da principio non facevano ingiuria veruna, ma richiedevan solamente la sorella rapita da Teseo, e rispondendo loro quei ch’erano nella città, di non saper neppure dov’ella fosse, si

  1. Cic. Fam. XIII, 19.
  2. Riccio, Memmia, n. 8; ma il Mommsen (a Borgh. Oeuvr: T. I, p. 152) osserva: “Les manuscrits de Ciceron portent C. Maenius Gemellus, ce qui a toute l’apparence d’être la bonne leçon; C. Memmius n’est autre chose qu’une conjecture assez mal avisée”.
  3. Plin. XXXV, 3G, 10. “Parrhasius pinxit in eadem tabula Aeneam, Castorem, et Pollucem.”
  4. Claud. Eidyl. VII, 38.