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tremisse inedito al nome di desiderio, ecc. 279

murali in larghi tavelloni e laterizi quali soglionsi dire romani, in amplissimi frammenti di pavimento in calcestruzzo, in urne cinerarie, fibule, bronzi, stoviglie e monete tanto imperiali romane quanto giù discendendo e di epoca più recente. Il Riccardi nei suoi studi sul territorio di San Colombano1 accenna opportunamente e con dettaglio a quelle scoperte, e rileva come di esse e di quelle che si facessero nei contorni si occupasse, facendone premuroso studio e ragguardevole raccolta, il sacerdote Luigi Gallotta, che stette proposto-parroco e vicario foraneo nel borgo di San Colombano per ben cinquant’anni, dal 1828, cioè, al 1877 in cui morì di ottantanni al 31 dicembre. Di quanto poteva raccogliere l’ottimo proposto Galletta teneva diligente nota, e deve insieme augurarsi, che quei cimelî non vadano dispersi, e che non ne rimangano disgiunte le memorie colle quali lo studioso raccoglitore amava constatare il tempo di ogni scoperta, il luogo e le eventuali circostanze in cui fosse avvenuta2.

Fra le monete da lui raccolte, il nostro proposto considerava, e giustamente, più preziosa un aurea, agevolmente conosciuta per longobarda al nome del re Desiderio, ma di cui non gli riesciva di completamente interpretare il rovescio, dove dopo la parola FLAVIA vedevansi alcune

  1. Opera citata. Pagine 125, 181, 132, 135, 204, 205.
  2. Quando don Luigi Gallotta nel 1828 era eletto a proposto-parroco di San Colombano per voto unanime di quel comune, egli proveniva da Lodi ove ora professore in quel Seminario diocesano. Dotto e studiosissimo seppe congiungere l’efficacia della parola ai benefici dell’operare, quale gli era suggerito da un cuore schietto e tenerissimo. Fu ispiratore benemerito del filantropo fondatore di uno Spedalo, di cui S. Colombano mancava. Come buon sacerdote seppe anche essere buon italiano in tempi difficili, e vivente ebbe giusta fama di uomo saggiamente caritatevole, e lode singolare ed incontestata per virtù vera, costante e scevra da ogni ostentazione. Lasciò molti scritti, ma non fece alcuna pubblicazione, trattenutone al certo da modestia sincera, che non fu vinta neppure dall’intima relazione tenuta per comunanza di studi e di opinioni col non mai abbastanza lodato vescovo di Pavia Luigi Tosi, che però a dir vero di quella stessa modestia dava a lui il più luminoso esempio.