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22 i - i rimatori pistoiesi

di quella ch’amo cangiasti per vista
20ver’mei; ché primamente
facesti mostramento
di far meo cor contento
di lei, di quella gioi’ ch’or disacquista.
Si che, per tal sembianza,
25misi ’l core e la mente
a servir fermamente
tua signoria, Amor, pur’e leale.
Ma non è stato tale
ver’ me ’l suo cor, come mostrar sembianza
30tu mi facesti, Amor; und’ho pesanza.
Amor, merzé ti chero,
poi che son dimorato
in si gravoso stato,
com’mi tenesti, si lunga stagione.
35Non si’ ver’ me si fèro,
ch’assai m’hai affannato
e forte tormentato,
seguendot’a tuttor fòr falligione.
Mòvet’ormai merzede,
40lei voler, che disvole
(unde ’l meo cor si dole),
fa’ ’l meo servir, ché sol ciò ti dimando.
E, se, merzé chiamando,
tu non m’aiuti, Amor, altro non saccio
45ch’aitar mi possa che la morte avaccio.
Donna, mercé dimando
a voi, che di beltade
fior e di nobeltade
siete, sovr’onni donna, e di piagenza,
50ch’agiate provedenza
sovr’al mio stato grave e doloroso:
in ciò, mercé! sia ’l vostro cor pietoso.