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caduto il sipario, alcuni giovani si arrampicarono sulla scena, e sollevarono il telone da sotto in sù, per guardare se lo spettacolo tardasse molto a ricominciare.

Le ultime scene del Cristoforo Colombo porsero uno dei più bei quadri di battaglia, imperocchè i due eserciti, spagnuolo ed indiano, mossero l’uno contro l’altro, scaricando le loro armi da fuoco. Fu sparato pure un colpo di cannone, ed allora gl’Indiani dopo avere combattuto morirono tutti valorosamente, sempre a due a due. Lo sparo delle armi da fuoco, il rullo dei tamburi, lo squillo delle trombe, il picchiare delle gambe dei fantocci sulla scena, le grida della platea, facevano la battaglia più romorosa, che io abbia mai vista in un teatro.

D’ordinario i teatri dei fantocci danno tre rappresentazioni per sera. Cominciano all’Ave Maria, ed alla prima produzione, la quale è sempre breve, ne tien dietro una seconda alla quale si dà il nome di Camerata lunga. Rinunciammo all’essere spettatori della Camerata lunga, e preferimmo recarci all’altro teatro di fantocci sulla piazza Sant’Apollinare.

Dovettimo nell’andarvi attraversare il mercato di S. Eustacchio, fra mezzo ad una sterminata folla di persone, le quali tutti gridavano, fischiavano, strillavano, urlavano, schiamazzavano, in modo da assordare. Non è uso in Roma, come da noi, fare i regali alla sera del Natale; si è scelto giorno più adatto, quello dell’Epifania, in cui i re magi offersero i doni a Gesù bambino. Per festeggiare questa ricorrenza, si apre il 6 gennaio un mercato dietro il Panteon. Le strade che vi portano, offrono merci di ogni natura, particolarmente giuocattoli, di aspetto in generale elegante e grazioso. Ve ne ha una tale quantità da soddisfare tutti i ragazzi del mondo. Una folla immensa percorre queste strade; gli uni battono piccoli tamburi, gli altri danno fiato a conchiglie a foggia di corno, gli altri fanno risuonare tabelle, e particolarmente poi tutti fischiano entro fischietti di gesso, a foggia di balocchi da ragazzi, i quali rappresentano Pulcinella, ballerini,

F. Gregorovius. Ricordi d’Italia. Vol. I. 11