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razze, ginnastiche, armeria, raccolte di macchine di fisica e di oggetti di storia naturale, e una collezione di buoni quadri: tutto insomma che può giovare alla igiene, alle comodità e all’istruzione di nobili giovanetti.

«Forse non ha altro Istituto Italia, che per massiccia costruzione, per abbondanza di locali riuniti in un sol disegno, per molti benefizi di diversa specie ma cospiranti a uno stesso fine, possa, nel suo ordine, non che vincere, uguagliare il Cicognini».

La fabbrica fu cominciata e con enorme dispendio condotta innanzi dopo la morte, avvenuta nel 1666, di Francesco Cicognini, il quale legò al Collegio, da istituirsi, il pingue suo patrimonio ed il suo nome, e chiamò a governarlo i Gesuiti. Questi provvidero alla costruzione, e nel 1699 entrarono a prendere l’amministrazione e la direzione dell’Istituto, che ressero fino al 1773, e al quale procacciarono anche fuor d’Italia buon nome col mantenimento di una ben ordinata disciplina, e coll’applicazione di savi metodi per il classico insegnamento. Soppressa la Compagnia di Gesù, il Collegio fu riordinato per opera di Pietro Leopoldo, di gloriosa memoria; e nelle diverse vicissitudini dei tempi godette sempre della protezione e dei favori del Governo granducale, che gli accrebbe la dote, gli diede gli statuti, vi nominava i funzionari, e lo considerò come il Collegio della Capitale del Granducato.

Esso vanta tradizioni le più illustri. Fu frequentato in ogni tempo da giovinetti di cospicue famiglie d’Italia e di fuori: ebbe non di rado ad insegnanti uomini preclari, quali un Mandosi, un Concinna, e di recente un Silvestri, un Arcangeli, un Vannucci, un Beppe Pieri; e allevò nel suo seno non pochi alunni che riuscirono distinti, sia nelle lettere e nelle scienze, quali: Lagomarsini, i fratelli Venuti di Cortona, Orsini Ignazio, Soria Giovan Alberto, Calzabigia, Salvioni Giovacchino, Marrone Alessandro, Albertini Carlo, Muzzi Domenico, Rossetti Domenico, Ugoni Filippo, i fratelli Zambelli, Lasinio Fausto: sia nelle ma-