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sta ipotesi assurda per altro, come s’è visto, e discutere subordinatamente tutte le conseguenze che da essa ei vorrebbe tirare, sempre per dar torto al Rapisardi.

Ammettiamo dunque che le due terzine del Lucifero, messe dall’autore in bocca a Dante, alludano al Carducci. Ma che cosa sono infine codeste due terzine formidabili, che han fatto spaventare talmente l’autore del Satana? Non altro che una semplice satira, come se n’è fatta di tutti i tempi: una satira più o meno acre, ma che, a differenza di molte altre, non esce neppur da’ limiti di un giudizio puramente letterario. E qui si noti inoltre una circostanza che, per quanto ad altri possa parere futile, non è poi di poco valore. Il poeta ha fatto parlar Dante quasi per dirci: badate, non son io che sentenzio a quel modo, perchè forse non n’avrei il diritto, sibbene la dignità nazionale, personificata in Dante, la quale, offesa dall’orgoglio eccessivo di un poeta, sia pur bravo, si ribella e ne lo rimprovera acerbamente. Ma impedisce forse questo che Mario Rapisardi possa d’altro canto riconoscere comechessia dei me-