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a malignare sulle intenzioni puramente artistiche del poeta catanese. Ma, impotenti da soli, pensarono bene e riuscirono a trarre dalla loro un nome illustre, all’ombra delle cui grandi ali essi si rifugiarono per tentare a ogni costo l’impresa demolitrice.

Fu atto egregiamente dignitoso, per l’illustre traduttore di Lucrezio, il coprire di silenzio e d’oblio il ringhiare impotente dei botoli.

Non così parve ai nostri giovani, i quali — fieramente gelosi della fama di colui ch’è rappresentante e palladio delle loro idee generose — si credettero in dovere di protestare.

E in questi sensi appunto era concepita la dimostrazione.

Palermo, è bene il confessarlo, ha innalzato prima il grido di protesta mercè la stampa.

Tanto meglio: la giovine letteratura palermitana s’è acquistato un titolo di più alla nostra simpatia.

Rapisardi n’è profondamente commosso.

Un’ultima parola, di cui sento forte bisogno.

Fa pena, davvero, il vedere ingegni robusti, le più copiscue personalità poetiche che vanti