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tratta mica di prendere a scappellotti una sciocchezza qualunque nè di confutare una sentenza da marchese Colombi, nè di dire: voi scrivete coi piedi e pensate col sedere; no, no, qui l’imbroglio è serio. Qui l’inettitudine critica, la burbanza tracotante della mediocrità o nullità, la frega di «sdottorare, giudicare e condannare proprio colla gioia maligna del servo che insolentiva il padrone nei saturnali — come scrive il Guerrazzi — la miseria insolente dello scarafaggio che scaglia la sua pallottola di concime contro l’aquila con l’intendimento di ferirla, l’invidia del pigmeo verso i giganti, il raglio dell’asino contro il nitrito del cavallo, la superbia del pavone, che ha la testa quanto una noce, la completa ignoranza dell’arte; tutte queste cose si fondono insieme e ne risulta un miscuglio così ributtante che il simile non ho mai trovato nelle velenose censure dei pedanti bofonchini e maligni contro i grandi intelletti. Perchè, non vi sembri strano, anche la scuola verista elzeviriana, come tutte le altre, ci ha i suoi bravi pedanti; e dai pedanti in elzeviri S. Antonio ci salvi.

Ho detto andiamo piano.