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. . . . . . . Narra che prima,
E spero ultima certo, il ciglio mio
Supplichevol vedesti, a te davanti
Me timido, tremante, (ardo in ridirlo,
Di sdegno e di rossor) me di me privo
Ogni tua voglia, ogni parola, ogni atto
Spiar sommessamente, di tuoi superbi
Fastidi impallidir, brillare in volto
Ad un segno cortese, ad ogni sguardo
Mutar forma e color. Cadde l’incanto
E spezzato con esso a terra sparso
Il giogo onde m’allegro...
«Non c’è nessuno che parli alla innamorata (anche sdegnosa o sdegnata, come in questi versi. Ed ò scelto dei più liberi, dei più disimpacciati fra quanti ne abbia scritto quel potentissimo ingegno. Se rivedessimo il Monti l’Alfieri, il Niccolini e ne ricopiassi dei passi (come sibilano queste due parole collocate insieme) misericordia che libro metteremmo insieme!»
! ? ! ? ! ? ! ? ! ? ! ? !
Qui bisogna andar piano e cauti per non rischiare di rompersi l’osso del collo. Non si