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ri di critica elzeviriana ci sono anch’io; una apologia che nulla aggiunge al risalto della simpatica figura di Olindo Guerrini, e che, per giunta, è brodettata da certa spavalderia di giudizii e di sentenze che fanno ridere.

Io certamente non istarò ad esaminare il libro punto per punto, che andrei troppo per le lunghe; soltanto mi fermerò su qualcuno di quei tali giudizii, facendovi, s’intende, le debite osservazioni.

Per esempio: il signor Lodi accenna a M. Rapisardi con queste parole: «quell’arcade cattivo soggetto che inaffia col brodo lungo dei suoi versoni frugoniani la tomba di Tito Lucrezio Caro

Oggi è di moda dare ad intendere di conoscere la letteratura latina, dal momento che il Carducci scrisse giustamente, essere indispensabile al critico la conoscenza di una almeno delle due letterature classiche; e spesso se ne sa meno d’uno scolaretto di ginnasio, che in fin dei conti traduce Cicerone e Virgilio. Nel caso nostro, ammesso che il signor Lodi sappia un po’ di latino (e se studiò al liceo un poco lo