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grano sia tutto trebbiato. Allora si raccoglie, si asporta la paglia e si rinnova il cumulo dei mannelli di grano da trebbiare.

In tutta la grande scena in pieno sole veran molti motivi da prendere. C’era, il padrone o «ministro, che, sotto un’aurea tettoia di foglie morte, sorvegliava la battitura. C’erano gli uomini, i quali, seminudi sopra un gran mucchio di grano trebbiato, ne empivano dei sacchi. Uomini, parimenti seminudi, caricavano i sacchi sui carri. Altri carri tirati da buoi giungevano carichi di altri mannelli di grano da trebbiare. Sotto altra tettoia di rami e foglie morte, v’eran delle ciociare che faceano un po’ di toilette, staccando sotto l’ombra portata sul cielo in scuro, tanto belle ed erette che nulla aveano da invidiare alle figure dipinte sui vasi greci ed etruschi.

Frattanto si formava, da una parte, la gran bica o pagliara della paglia battuta. Eravamo tutti muti ed ammirati dalla magnifica scena, quando si senti la voce di Zäner che rompendo il silenzio e l’incanto diceva a modo di precettore tedesco:

Voi, Mason, fare questo, voi Costa, far quell’altro....

Ed io interruppi stizzito:

Voi, Zäner, far quest’altro ed io, Costa, far quello che a me piacere.

E Mason a ridere....

La fine fu che nessuno fece nulla eccetto Zäner il quale, volendo correre appresso a tutto, nulla afferrò. Mason ed io, il giorno dopo, facemmo bozzetti di memoria della battitura del grano. E furono tra le cose meno male che noi abbiamo fatto. A me piaceva più il bozzetto di Mason che il mio ed a questo piaceva più il mio del suo; ma nessun di noi ha mai affrontato il quadro.


Con Mason avevamo, fin dal ’53, assieme stabilito certi nostri principii in Arte, di noi che ci compiacevamo dirci «Scuola Etrusca». I quali principii si sostanziavano in questo: Fare l’artista sol quando uno ama tanto l’Arte da non poter essere capace di far qualunque altra cosa al mondo. Se uno è pittore