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90 il morgante maggiore.

37 Come un infermo si rammaricava;
     E ’l mar pur rugghia: e’ dalfin si vedieno,
     Ch’alcun talvolta la schiena mostrava,
     E tutto il prato di pecore è pieno:
     Morgante pur con la tromba aggottava,
     E non temeva nè tuon nè baleno;
     E non si vuol per nulla al mare arrendere,
     Chè non credea che ’l ciel lo possi offendere.

38 Orlando s’era in terra inginocchiato;
     Rinaldo ed Ulivier piangevon forte;
     E ’l Veglio e Ricciardetto s’è botato,9
     Che se scampar potran sì crudel sorte,
     Ognun presto al Sepolcro ne fia andato;
     E stavano in cagnesco con la morte;
     Ma non valeva ancor prieghi nè voti,
     Tanto il mar par che la nave percuoti.

39 Sentì Scirocco Virgine Maria
     Un tratto ricordare a giunte mani,
     E disse a Greco una gran villania,
     Dicendo: Adunque questi son Cristiani?
     Però non va questa tempesta via,
     Mentre che ci saran su questi cani:
     Questo miracol sol Macon ci mostra,
     Per dimostrarci la ignoranza nostra.

40 Non domandar, quando e’ l’udì Rinaldo,
     Se gli montò in sul naso il moscherino;
     E preselo dicendo: Sta qui saldo,
     Vedremo chi può più, Cristo o Apollino,
     O Macometto, pezzo di rubaldo;
     Tu dèi saper notar com’un dalfino:
     O da te stesso fuor della nave esci,
     O io ti gitterò nel mare a’ pesci.

41 Disse Scirocco: Questa nave è mia.
     Disse Morgante a Rinaldo: Ch’aspetti?
     Costui si vuol cavargli la pazzia:
     Io il gitterò bene io, se tu nol getti.
     Rinaldo gli montò la bizzarria,
     E dettegli nel capo due buffetti,
     E fecelo balzar di netto in mare,
     E la tempesta cominciò a quetare.