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canto ventesimo. 87

22 E dice con Rinaldo: Egli è dovuto,
     Al mio parer, tu cerchi d’aiutallo,
     Chè per mio mezzo alle man gli è venuto
     Colui che ti rubò già il tuo cavallo;
     E per tuo amore anch’io gli detti aiuto,
     E con lui insieme mi trovai a ’mpiccallo;
     E di questi giganti n’ha morto uno,
     Che son pur tuoi nimici, e sallo ognuno.

23 Per molte vie qui la ragion vi chiama,
     Di non dover costui lasciar morire;
     Chè pare un cavalier di molta fama,
     Ed ha mostrato d’aver grande ardire.
     Dunque il pastor bene ordina la trama,
     Bench’e’ sia uso gli armenti a servire,
     E star co’ tori, e co’ porci in pastura,
     Chè tor non puossi quel che dà natura.

24 E molto piacque il suo dire a’ baroni,
     E feciongli accoglienza grata e festa,
     E dettongli cavallo ed altri doni,
     Massimamente una leggiadra vesta:
     E disson che tornassi a’ suoi stazzoni,1
     A dir che la brigata fia là presta,
     E confortassi da lor parte Gano,
     Che presto sare’ liber lieto e sano.

25 Fecion costoro insieme parlamento,
     Che si dovessi pur Gano aiutare;
     E la città tutta ordinoron drento,
     Chi si dovessi a governo lasciare;
     Poi furono a cavallo in un momento,
     E parve loro il meglio andar per mare:
     E vannosene inverso la marina,
     E il gran Morgante alle staffe cammina.

26 E portano un lion nel campo nero
     Nello stendardo e in ogni loro arnese;
     Questo fu di Rinaldo un suo pensiero,
     Per esser là all’usanza del paese.
     Arrivorno a un porto forestiero:
     èvvi una nave stata forse un mese,
     Che non voleva in mar mettersi drento
     Perchè ’l nocchier, ch’è savio, aspetta il vento.