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84 il morgante maggiore.

7 Piangendo va la sua disavventura
     Per molti mesi, e per paesi strani;
     Entrato un dì per una valle scura,
     Quivi trovò certi pastor Pagani,
     Che si dolean d’una lor sciagura,
     Perch’eran sassinati come cani,
     Rubati a forza da un gran pastore,
     Ch’era tra lor quasi fatto signore.

8 Gan domandò chi questo pastor sia:
     Egli risposon: Un che s’è arricchito,
     Che ci fa spesso mala compagnia;
     Perchè un Cristian fu già da lui tradito,
     E tolsegli un caval, quand’e’ dormia,
     Poi lo vendè; dond’egli è insuperbito,
     Chè ne toccò dal mastro giustiziere
     Tanto, che sempre potrà ben godere.

9 Il cavallo era d’un certo Rinaldo
     De’ paladin di Francia del re Carlo:
     E’ lo ’nvitò a mangiar questo ribaldo,
     E non si vergognò poi di rubarlo:
     Per questo egli è di que’ danari or caldo,
     Che si vorre’altrettanto comperarlo,
     Per impiccarlo poi. Gano ascoltava,
     E domandò dove il pastore stava.

10 E’ gli mostrorno ove abitava questo:
     Diceva Gan: Con meco ne verrete;
     Non si potrebbe trovare un capresto?
     Ch’io vo’impiccarlo, e voi m’aiuterete.
     Un de’ pastor gli rispondeva presto:
     Noi torrem la maestra della rete;
     E finalmente trovorno il pastore:
     Gan lo minaccia, e chiama traditore.

11 Dicea il pastor: Traditor non fu’ mai,
     Sarei io forse mai Gan di Maganza?
     Che t’ho io fatto, o chi cercando vai?
     Non è d’ignun de’ miei tradire usanza.
     Rispose Ganellon: Tu lo vedrai,
     Poi che tu parli con tanta arroganza;
     Tu se’ colui che rubasti il cavallo;
     Pertanto io ti farò caro costallo.