157 Era già presso al campo a poche miglia,
E fu veduto questo compagnone,
Come un alber di nave di caniglia,
E dava a tutto il campo ammirazione:
Ma quando Orlando vi volse le ciglia:
Questo è Morgante, per lo Dio Macone,
Se ben le membra di questo ragguaglio,
Dicea fra sè, ch’io conosco il battaglio.
158 Fecesi presto menar Vegliantino,
E nondimen la lancia tolse in mano,
Che non fussi gigante Saracino,
Perchè la vista inganna di lontano;
Morgante, come vide il paladino,
Gli fece il cenno usato a mano a mano:
Gittò il battaglio cento braccia in alto,
Poi lo riprese in aria con un salto.
159 E come al conte Orlando fu più presso,
Subitamente ginocchione è posto:
Orlando smonta, e ’ncontro ne va a esso,
E cominciò le braccia aprir discosto,
Chè si conosce un grand’amore espresso,
E disse: Lieva, Morgante, su tosto;
E missegli le braccia strette al collo,
E mille volte e poi mille baciollo.
160 Non si saziava a Morgante far festa,
Tanto che ’l collo ancor non abbandona,
Dicendo: Che ventura è stata questa?
Morgante, poi che c’è la tua persona,
Io non temo più scogli nè tempesta:
Le mura triemon già di Babillona,
Anzi tremare il ciel sento e la terra,
Tanto ch’omai terminata è la guerra.
161 Io non farei con Alessandro Magno,
Con Cesar, con Annibal, con Marcello,
O patti, o pace, o triegua con guadagno,
Da poi che tu se’ qui, caro fratello;
Ch’io pur non ebbi mai miglior compagno:
Io crederrei con te pigliar Babello,
E Troia un’altra volta, e Roma antica:
Or vo’ che mille cose oggi mi dica.