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canto decimonono. 63

92 Sentendo la fanciulla allor sonare,
     Subitamente al ciel levò le mani:
     Comincia Macometto a ringraziare,
     Conobbe che que’ suon poco lontani
     Erano, e gente vi debbe abitare,
     Perchè sapea i costumi de’ Pagani:
     Laudato sia Macone in sempiterno,
     Dicea, chè tratti omai siam dello inferno.

93 Morgante ne facea con lei gran festa,
     Per venirla al suo padre rimenando,
     Però che molto gl’increscea di questa,
     E perchè spera veder tosto Orlando:
     A poco a poco uscîr della foresta,
     E vengono il dimestico trovando;
     E finalmente alle case arrivorno
     Dove sentito avean sonare il corno.

94 Ma la fanciulla non sapea che quello
     Luogo il suo padre già signoreggiassi:
     Eravi un oste vecchio e poverello:
     Non avea tanto Morgante cenassi.
     Disse Margutte: Togliamo il cammello.
     Ed ordinò che questo si mangiassi,
     Ed arrostillo com,egli era usato,
     E innanzi al gran Morgante l’ha portato.

95 Morgante diè di morso nello scrigno,
     E tutto lo spiccò con un boccone;
     Margutte gli faceva un viso arcigno,
     Dicendo: Tu fai scorgerti un briccone,
     Ed ogni volta mi paghi di ghigno;
     E fai, Morgante, dosso di buffone,
     Pur che tu empia ben cotesta gola,
     E mai non fai a tavola parola.

96 Poi ne spiccò di quel cammello un quarto,
     E disse: Io intendo il mio conto vedere:
     Guarda s’io taglio a punto come il sarto;
     Tegnamo in man, ch’io veggo il cavaliere;
     Ma pur dal giuoco però non mi parto,
     Ch’io so che l’ossa non ci ha a rimanere;
     E non è cosa da star teco a scotto:
     Tu se’ villano, e disonesto, e ghiotto.