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50 il morgante maggiore.

27 Io fui già lieta a mia consolazione,
     Ed or con Giobbe cambierei mie pene;
     Ogni dì questo gigante ladrone
     Mi batte con un mazzo di catene,
     Sanza saper che sia di ciò cagione:
     Credo che sia, perchè da cacciar viene
     Irato co’ lion, serpenti e draghi,
     E sopra me dell’ingiurie si paghi.

28 E vipere, e ceraste, e strane carne
     Convien ch’io mangi che reca di caccia,
     Che mi solieno a schifo esser le starne;
     Se non che mi percuote e mi minaccia,
     Sì che per forza mi convien mangiarne:
     Alcuna volta degli uomini spaccia,
     Poi gli arrostisce e mangiagli il gigante,
     Col suo fratel che si chiama Sperante.

29 E lui Beltramo: e ogni giorno vanno
     Per questi boschi come malandrini,
     E molte volte arrecato qui m’hanno,
     Perch’io mi spassi, serpenti piccini;
     Come color ch’e’ miei pensier non sanno,
     Alcuna volta bizzarri orsacchini:
     E perchè ignun non mi possi furare,
     Da quel lion mi facevon guardare.

30 Così di paradiso sono uscita,
     E son condotta in queste selve scure;
     Già si provò di camparmi la vita
     Burrato, e non potè con la sua scure.
     E con fatica di qui fe partita,
     E so ch’egli ebbe di vecchie paure:
     Tutto facea perchè di me gl’increbbe;
     E anco disse che ritornerebbe.

31 Quand’io ti vidi al principio apparire,
     Mi rallegrai, dicendo nel mio core:
     E’ fia Burrato, che non vuol mentire,
     Nè esser di sua fede mancatore.
     Per liberarmi da tanto martire
     Già cavalieri erranti per mio amore
     Combattuto hanno con questi giganti,
     Ma morti son rimasi tutti quanti.