122 Fece in sul Reno il ponte, com’io dissi,
Di cinquecento passi per lunghezza;
Che mostrò segno, innanzi che morissi,
Come e’ cadeva anche ogni gentilezza:
Mostrava, in ogni caso che avvenissi,
Prudenzia e temperanza con fortezza:
Grazie che Iddio rade volte concede
O per nostra salute o per la fede.
123 Dilettavasi a caccia andare spesso,
Sempre l’ozio dannando, come i saggi,
Sanza temer, dagli anni pur defesso,
Di freddo, o luoghi difficil selvaggi:
Tanto ch'essendo a quel termine presso,
Dove più oltre ognun convien che caggi,
Perchè non è più la natura forte,
Sollicitò per tal cagion la morte.
124 Pigliava spesso de’ bagni diletto,
Quivi soleva congregar gli amici,
Come forse dal luogo era constretto,
Dove i monti son freddi e le pendici:
O signor giusto, o signor benedetto,
O quanto furon que’ tempi felici!
Non sarà Francia mai sì bella o lieta
O per corso di stelle o di pianeta.
125 Reputavano i popoli dal cielo
Mandato fussi in terra un tal signore
Per carità, per giustizia, e per zelo;
E se non fussi spento il vecchio errore,
Adorato l’arebbon come Belo
Per reverenzia e per antico amore:
Tanto che alcun forse autor non falla
Della croce incarnata in su la spalla.
126 Ammaestrò i figliuoli e le figliuole
D’ogni arte liberal, d’ogni dottrina;
Nè bisognava cercare altre scuole,
Allor che l’Accademia parigina
Voleva appresso tutta la sua prole;
Se e’ cavalcava da sera o mattina,
Talvolta per fuggir le sue donne ozio,
Ministravan lanifero negozio.