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canto ventesimottavo. 423

92 Così furon l’inganni de’ Guasconi
     Puniti, e prima battezzata Spagna,
     E seguitò la guerra de’ Brettoni:
     E poi che fu ancor doma la Brettagna,
     Rivolse verso Italia i gonfaloni,
     Perchè Roma d’Araiso si lagna,
     Il qual di Benevento era signore,
     E minacciava la Chiesa e ’l Pastore.

93 Carlo giunto in Italia, come io dico,
     Redusse alle sue voglie il folle duce;
     Sì che quel fece al pontefice amico,
     E molti in Francia statici conduce.
     O quante cose magne io non replíco!
     Chè come il sole in ogni parte luce,
     A conseguir famose opere e degne,
     In ogni luogo apparîr le sue insegne.

94 Sì che più volte di Roma lo ’mperio
     Restaurato, come il buon Camillo,
     Tornato in Francia, il gran duca Baverio
     Apparecchiato sua gente, Tassillo,
     Recordato del suocer Desiderio,
     Congiurato cogli Unni a un vessillo,
     Come mal consigliato dalla moglie,
     Cercando andò le sue future doglie.

95 Lo ’mperador, che apparato già era,
     Non aspettò del nimico la ’nsegna:
     Ma fessi incontra a lui con sua bandiera
     Insino al fiume che divide e segna
     La Magna e le provincie di Baviera;
     E bisognò che alfin Tassillo vegna
     A consentir ciò che Carlo gli chiede,
     E giurar servitù, tributo e fede.

96 I Velatabi intanto, gli Abroditi
     Molestavan qual suoi confederati;
     Ma poi che il nostro re gli ebbe puniti,
     In questo tempo gli Ungher congregati,
     Populi detti per l’addrieto Sciti,
     Gente dapprima in Pannonia arrivati
     Dall’estreme provincie della terra,
     Apparecchiavan contra a Carlo guerra.