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418 il morgante maggiore.

67 Era il popol di lacrime confuso,
     Tanto a ciascun del suo signore increbbe:
     E veramente a questa volta io scuso
     Ognun che piange quel che pianger debbe:
     Quando Alcuin, secondo l’antico uso
     Salito in alto, poi che guardato ebbe
     La gente afflitta e lamentabil tanto,
     La cetra accommodò col flebil canto.

68 E molto commendò colui che ha detto
     Lattanzio, e disse nello esordio prima:
     Io son fra molti dicitori eletto,
     E me’ di me ognun sa dire in rima;
     Però s’io commettessi alcun difetto,
     Popolo mio, per discrezion istima,
     Che come Filomena a cantar vegno
     Materia, ove e’ non basta umano ingegno.

69 Io canterò del magno imperatore
     La vita, e piangerò con voi la morte:
     Perchè pur era mio padre e signore,
     E tanto tempo m’ha nutrito in corte,
     Dove il pan de’ sospiri e del dolore
     Convien ch’io mangi tanto duro e forte:
     Ma perch’io sono alla vita obbligato,
     Non voglio anche alla morte esser ingrato.

70 Pipino il padre suo famoso e degno,
     Tenne prima lo scettro e il nome regio,
     E governò per quindici anni il regno,
     Però che al gran Prefetto del collegio
     Dinanzi a lui bastava il nome e ’l segno;
     Ma la corona, e ’l real seggio e ’l fregio
     Tenne Pipin, come disopra è detto,
     Che per successione era Prefetto.

71 Morto Pipin, dopo il quindecimo anno
     Dalla sua promozion, rimase Carlo,
     Carlo Magno appellato, e Carlo Manno
     Un suo fratel; ma del signor mio parlo;
     Chè come il regno insieme partito hanno,
     Opera mia non è di raccontarlo:
     Io dirò tanto della sua eccellenzia,
     Quant’io ebbi oculata esperienzia.