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406 il morgante maggiore.

7 Rinaldo intanto ha confortato Carlo,
     E tutta insieme a un grido la corte,
     Che il traditor si dovessi straziarlo:
     E pensa ognun della più crudel morte:
     A molti par che si debba squartarlo;
     Altri dicea di tormento più forte,
     E ruote, e croce, e con ogni vergogna
     E mitera, e berlina, e scopa, e gogna.

8 E dopo molto disputar fu Gano
     Menato in sala con gran grido e tuono,
     Incatenato come un cane alano;
     E tanti farisei d'intorno sono,
     Che pensan solo ognun d’averne un brano;
     E mentre e’ volea pur chieder perdono,
     E crede ancor forse Carlo gli creda,
     Rinaldo il dette a quella turba in preda.

9 Carlo si stette a veder questa caccia:
     E come in mezzo la volpe è de’ cani,
     Ognun fa la sua presa, ognuno straccia;
     Chi lo mordea, chi gli storce le mani,
     E chi per dilegion gli sputa in faccia;
     Chi gli dà certi sergozzoni strani,
     Chi per la gola alle volte lo ciuffa,
     Tanto che il cacio gli saprà di muffa.

10 Chi con la man, chi col piè lo percuote;
     Chi fruga, e chi sospigne, e chi punzecchia;
     Chi gli ha con l’ungne scarnate le gote,
     Chi gli avea tutte mangiate l’orecchia;
     Chi lo intronava, e grida quanto e’ puote:
     Chi il carro intanto col fuoco apparecchia;
     Chi gli avea tratto con le dita gli occhi,
     Chi il volea scorticar come i ranocchi.

11 E come e’ fu sopra il carro il ribaldo,
     Il popol grida intorno: Muoia, muoia!
     Intanto il ferro apparecchiato è caldo:
     Non domandar come e’ lo concia il boia,
     Chè non resta di carne un dito saldo,
     Che tutte son ricamate le cuoia:
     Sì ch’egli era alle man di buon maestro,
     Perchè e’ facea molto l’uficio destro.