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canto ventesimosettimo. 391

227 E come fe’ Vespasiano e Tito,22
     Venderen per ischiavi que’ marrani
     A corsari o pirati in qualche lito,
     Perchè son peggio che porci o che cani.
     E così presto si prese partito.
     E com’egli hanno scontrati i Pagani,
     E’ cominciorno a gridar: carne, carne,
     E morte, e sangue, e ogni strazio a farne.

228 Rinaldo il primo calò giù la lancia,
     E grida a Balugante: Ah, traditore,
     Già non è spenta la gloria di Francia.
     E morto in terra il metteva a furore,
     Se non che il ferro gli striscia la guancia,
     E truova un altro Pagan peccatore;
     Sì che la lancia gli caccia per gli occhi,
     E bisognò che giù morto trabocchi.

229 Carlo aveva quel giorno Durlindana
     E vendicar volea con essa Orlando,
     E dice: Ben che la mia forza è vana
     Respetto al signor tuo, famoso brando,
     Non perdonare alla gente pagana,
     Con teco insieme lo vo vendicando:
     E poi ch’e’ t’ha ridendo a me renduto,
     Non è sanza cagion per certo suto.

230 O gloria al secol prisco, o lume, o specchio,
     O difensor della cristiana fede,
     O santo Carlo, o ben vissuto vecchio,
     Dell’alta fama di tua stirpe erede;
     Tu taglieresti a Malco l’altro orecchio;
     Così fa chi in Gesù si fida e crede,
     E bisognava al mondo tu venissi,
     Per cavarci di nuovo degli abissi.

231 Balugante transcorse tra’ Cristiani,
     Perchè il cavallo a forza lo transporta:
     Carlo, che il vide, con ambo le mani
     Alzò la spada, e tanto sdegno il porta,
     Che disse: Tu n’andrai fra gli altri cani.
     Tanto che cadde come cosa morta:
     E come Balugante in terra cade,
     Subito addosso gli fur cento spade.