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384 il morgante maggiore.

192 Aveva Orlando pel tempo passato,
     Com’altra volta in molte istorie è detto,
     Il sepulcro di Cristo racquistato,
     E Ansuigi nobil giovinetto
     Con molta gente a guardia fu lasciato;
     Sì che dieci anni lo tenne in effetto,
     Poi gli fu tolto per forza di lancia,
     Ed al presente si tornava in Francia,

193 E riscontrossi nello imperatore:
     Carlo veggendo la gente venire,
     Dubitò di Marsilio nel suo core,
     Che nol venissi di nuovo assalire;
     Ma non istette molto in questo errore,
     Chè la bandiera si vide scoprire
     Nel campo bianco con la croce negra,
     Per dimostrar vittoria poco allegra.

194 Giunto Ansuigi, per abbreviare,
     Gli disse come i Mori della Mecche
     Gerusalemme vennono a scalare
     Di notte, sanza dir salamalecche:
     Sì che il sepulcro bisognò lasciare
     A guardia d’altro che Melchisedecche;
     E ch’avea ferma opinion, che Gano
     A questo fatto tenessi la mano.

195 Disse Carlo: Tu, Iddio, fa la vendetta,
     Poi che il sepulcro in tal modo si ruba;
     Sarebbe mai quel dì che ’l mondo aspetta,
     Quando e’ verrà quella terribil tuba?
     E ricordossi della poveretta
     Afflitta vecchia e sventurata Eccuba,
     Che dopo al pianto d’ogni suo martoro,
     Ultimamente pianse Polidoro.

196 E disse: Pazienzia, come Giobbe.
     Or oltre in Roncisvalle andar si vuole.
     Chè come savio il partito conobbe,
     Per non tenere in disagio più il Sole,
     Il qual non va per l’orbite sue gobbe
     Per lo eccentrico il dì, come far suole,
     Per obbedire il suo Signore e Carlo,
     Perchè chi il fece anche potea disfarlo.