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canto ventesimosettimo. 377

157 E dopo lunga e dolce salmodia,
     Ad alte voce udîr cantar Tedeo,
     Salve Regina, Virgo alma Maria;
     E guardavano in su come Eliseo,
     Quando il carro innalzar vide di Elia;
     O come tutto stupido si feo
     Moisè, quando il gran rubo17 gli apparse;
     Insin che al fine ogni cosa disparse.

158 Sì che di nuovo un altro tuon rimbomba,
     Che fu proprio la porta in sul serralla;
     Poi si sentì come un rombar di fromba,
     E pareva di lungi una farfalla:
     Ecco apparire una bianca colomba,
     E posossi a Turpino in su la spalla,
     A Rinaldo, a Terigi, a Ricciardetto:
     Or qui di gaudio ben traboccò il petto.

159 Donde Turpino opinion qui tenne,
     Che questa fusse l’anima d’Orlando;
     E che la vide con tutte le penne
     In bocca entrargli veramente, quando
     Carlo quel dì poi in Roncisvalle venne,
     E ch’e’ richiese l’onorato brando:
     E bisognoe che Orlando vivo fossi,
     Chè innanzi a lui ridendo inginocchiossi.

160 E poi che son così soli rimasi,
     Rinaldo e gli altri, dopo lungo pianto,
     E’ s’accordorno i dolorosi casi
     Carlo sentissi ben ch’e’ venga intanto:
     Ma Terigi era come morto quasi
     Per gran dolor; pur, riposato alquanto,
     A tutti parve, che montassi in sella,
     E che portassi la trista novella.

161 Dunque Terigi da lor s’è partito,
     E lascia il suo signore Orlando morto.
     Or ritorniam, ch’io non paia smarrito,
     A Carlo e la sua gente a Piè di Porto;
     Che, come il corno sonare ha sentito,
     Subito parve del suo danno accorto,
     E disse a Namo ed agli altri d’intorno:
     Udite voi, com’io, sonare il corno?