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canto ventesimosettimo. 367

107 Intanto vede Terigi apparito,
     Che come il tordo pur s’era spaniato,
     E tanto il suo signor cercando è ito,
     Che finalmente l’avea ritrovato:
     E domandò quel che fusse seguito,
     E dove sia Rinaldo capitato:
     Disse Terigi: Io non v’ho posto cura.
     E raccontò poi ben la sua sciagura.

108 Dice la istoria che Orlando percosse
     In su ’n un sasso Durlindana bella
     Più e più volte con tutte sue posse,
     Nè romper nè piegar non potè quella;
     E ’l sasso aprì come una scheggia fosse:
     E tutti i peregrin questa novella
     Riportan di Galizia ancora espresso,
     D’aver veduto il sasso e ’l corno fesso.

109 Orlando disse: O Durlindana forte,
     Se io t’avessi cognosciuta prima,
     Com’io t’ho conosciuta ora alla morte,
     Di tutto il mondo facea poca stima,
     E non sarei condotto a questa sorte;
     Io t’ho più volte, operando ogni scrima,
     Per non saper quanta virtù in te regna,
     Riguardata, o mia spada tanto degna.

110 Or ritorniamo a Rinaldo, che caccia
     I Saracini, e non truova più intoppo,
     Che si ritorna, finita la caccia,
     Come il can richiamato, di galoppo,
     Ovver segugio indietro per la traccia,
     Talvolta stanco, faticato e zoppo,
     Per la fatica e pel sudore ansando;
     Tanto che trova a quella fonte Orlando.

111 Gran festa Orlando al suo cugin facea,
     E domandò come la cosa è ita:
     Rinaldo tutto affannato dicea,
     Come la gente Pagana è fuggita;
     E Ricciardetto e Turpin poi giugnea;
     E per far più la nostra istoria trita,
     Dice Turpin, che il dì di San Michele,
     Di maggio, fu la battaglia crudele.