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364 il morgante maggiore.

92 E benchè i Saracin fugghino all’erta,
     Un macco ne facea da Filistei;
     E quante volte calava Frusberta,
     Non ne faceva cader men che sei:
     Tanto che fia più d’una tomba aperta,
     Chè, come dice Benedetto Dei,
     E’ se n’andranno in qualche buco strano
     A sentir sotto come nasce il grano.

93 Mostrava ancor tutto affannato e stanco
     Anselmo pur la sua virtù perfetta;
     Ma Mattafirro gli venne dal fianco,
     E dette al suo caval con un'accetta;
     Tanto che in terra il fece venir manco,
     E poi gli corse addosso con gran fretta;
     E finalmente gli cavò fuor l’elmo:
     In questo modo uccise il conte Anselmo.

94 Rimontò a caval quel Mattafirro,
     Colpi menando disperati e forti;
     Rinaldo lo sgridoe poi come un birro,
     Dicendo: Fama a tuo modo riporti,
     Non altrimenti che Marcello o Pirro,
     Uccider sanza elmetto uomini morti.
     E trasse un tondo di maestro vecchio,
     Che il capo portò via sopra l’orecchio.

95 E poi trovò nella zuffa Fidasso,
     Che faceva il leprone e ’l piccinaco12
     Tra gente e gente, e va col capo basso
     Per la battaglia diguazzando il laco;
     Perchè e’ sentia di Rinaldo il fracasso,
     Che par per Libia indiavolato un draco:
     Ma pure un tratto Fidasso fidossi,
     Tanto che in terra per sempre acquattossi.

96 Il caval si rizzò di Ricciardetto,
     Indrieto sì, ch'e’ convien che rovesci,
     E con l’arcion se gli posa in sul petto:
     E’ Pagan sotto frugavano a’ pesci
     Con lance e dardi; e restava in effetto
     Morto, ch’un tratto non potea dir mesci;
     Se non che Orlando le cinghie e ’l cavallo
     Tagliò in un colpo, e poi fece rizzallo.