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358 il morgante maggiore.

62 Orlando aveva il marchese sentito,
     E come il veltro alle grida si mosse;
     Ulivier tanto sangue gli era uscito,
     Che non vedeva in che luogo e’ si fosse:
     Tanto che Orlando in sull’elmo ha ferito,
     Che non sentì mai più simil percosse;
     E disse: Che fai tu, cognato mio?
     Or hai tu rinnegato il nostro Iddio?

63 Disse Ulivier: Perdonanza ti chieggio,
     S’io t’ho ferito, o mio signore Orlando;
     Sappi che più niente lume veggio,
     Sì ch’io non so dove io mi meni il brando,
     Se non che presso alla morte vaneggio,
     Tanto sangue ho versato e vo versando;
     Chè l’Arcaliffa m’ha ferito a torto,
     Quel traditor, ma di mia man l’ho morto.

64 Gran pianto Orlando di questo facea,
     Perchè molto Ulivier gli era nel core,
     E la battaglia perduta vedea,
     E maladiva il Pagan traditore:
     Ed Ulivier così orbo dicea:
     Se tu mi porti, come suoli, amore,
     Menami ancor tra la gente più stretta,
     Non mi lasciar morir sanza vendetta.

65 Rispose Orlando: Sanza te non voglio
     Viver quel poco che di vita avanza:
     Io ho perduto ogni ardir, ogni orgoglio,
     Sì ch’io non ho più di nulla speranza;
     E perch’io t’amo, Ulivier, com’i’ soglio,
     Vienne con meco a mostrar tua possanza,
     Una morte, una fede, un voler solo.
     Poi lo menò nel mezzo dello stuolo.

66 Ulivieri era nella pressa entrato:
     Come e’ soleva la gente rincalcia,
     E par che tagli dell’erba del prato,
     Da ogni parte menando la falcia,
     Chè combatteva come disperato,
     E pota, e tonda, e scapezzava, e stralcia,
     E in ogni luogo faceva una piazza,
     Chè come gli orbi girava la mazza.