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342 il morgante maggiore.

139 Del Monte a San Michel pose Matteo
     La lancia alla visiera al re Fiorello,
     E prese appunto ove egli aveva un neo,
     E riuscì di drieto pel cervello:
     Are’ quel colpo atterrato anche Anteo,
     Pensa se cadde in su la terra quello.
     Non si poteva por più appunto a sesta,
     Benchè a molti altri forerà la testa.

140 Aveva il conte Anselmo il giorno seco
     Appresso sempre il buon duca Egibardo,
     Ch’a molti dette percosse di cieco,
     E spesso corse insino allo stendardo;
     E disse: Che di’ tu, s’io te lo reco?
     E molto fu reputato gagliardo;
     Tanto che il campo in modo spaventava,
     Ch’ognun lo fugge come fera brava.

141 E’ si vedea, dove combatte Orlando,
     Prima che il busso agli orecchi pervegna
     Della percossa, in su tornato il brando,
     Come avvien dell’accetta a qualche legna;
     E Turpin più non veniva segnando
     Col granchio in man, ma con la spada segna,
     Chè non è tempo la croce or si mostri,
     E infilza Saracin per paternostri.

142 Gualtier da Mulion pareva un drago,
     E Guottibuoffi non volea fuggire,
     Ma con la spada va crescendo il lago,
     E cerca sol come e’ possi morire;
     Ognun più che ’l tafan di sangue è vago,
     Sì che quel verso si poteva dire
     Per la battaglia e pel crudele scempio:
     Sangue sitisti, ed io di sangue t’empio.

143 Angiolin di Baiona e di Bellanda
     Ognun feriva molto ardito e franco,
     Ottone il campo scorrea d’ogni banda,
     Avin non si tenea la spada al fianco;
     Rinaldo tanti a Astarotte ne manda,
     Ch’egli è già tutto trafelato e stanco;
     Avolio e Marco, e ’l possente Riccardo,
     Ognun parea com’egli era gagliardo.