Pagina:Pulci - Morgante maggiore II.pdf/335

332 il morgante maggiore.

89 In Roncisvalle una certa chiesetta
     Era in quel tempo, ch’avea due campane:
     Quivi stetton coloro alla veletta,
     Per ciuffar di quell’anime pagane,
     Come sparvier tra ramo e ramo aspetta:
     E bisognò che menassin le mane,
     E che e’ battessin tutto ’l giorno l’ali,
     A presentarle a’ giudici infernali.

90 Pensa quel dì se menoron la coda
     Eaco, il gran Minosse e Radamanta;7
     E quel Satam se tu credi ch’e’ goda,
     E se Caron nella sua cimba canta,
     Rassetta i remi, e le vele rannoda
     Col mataffione, e la vela rammanta;
     E se si fece più d’una moresca
     Giù nello inferno, e tafferuglio e tresca.

91 E così in Ciel si faceva apparecchio
     D’ambrosia e néttar con celeste manna;
     E perchè Pietro alla porta è pur vecchio,
     Credo che molto quel giorno s’affanna;
     E converrà ch’egli abbi buono orecchio,
     Tanto gridavan quelle anime Osanna
     Ch’eran portate dagli angeli in cielo;
     Sì che la barba gli sudava e ’l pelo.

92 Or ritorniamo a Rinaldo, che assalta
     Il campo in mezzo; e come e’ dette drento,
     Subito rossa si fece la malta,8
     Ed arà fatto buono scaltrimento;
     Chè, non sapendo Marsilio la falta,
     Dubitò nel suo cor di tradimento,
     Che non fussi tra lor congiura o setta,
     Chè non si può sempre esser savio in fretta.

93 Avea Marsilio il suo popol pagano
     E ’l campo ben diviso, ed ordinato
     Chi dovessi ferir di mano in mano;
     Rinaldo, ch’ancor questo avea pensato,
     Sapea il pericol d’ogni capitano,
     Che guasto non gli sia l’ordine dato;
     Perchè e’ si vede per esperienzia,
     Che la battaglia è solo obbedienzia.