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canto ventesimosesto 327

64 Orlando aveva nel suo colonnello
     Di Normandia quel possente Riccardo,
     E Guottibuoffi, e ’l conte Anselmo, quello
     Che tanto fu questo giorno gagliardo,
     Avolio, Avin, Berlinghieri e ’l fratello,
     E Sansonetto e ’l buon duca Egibardo,
     E tutti gli altri paladin di Francia,
     Gente ch’ognun porterà ben sua lancia.

65 Or quando Orlando e la schiera si mosse,
     Pensa chi legge, che il furore e ’l rombo
     Di Vulcan parve la fucina fosse;
     Tanto ch’a Giove n’andò su il rimbombo,
     E Marte credo nel ciel si riscosse:
     E tante lance si calorno a piombo,
     Ch’un vento par ch’ogni cosa abbattessi,
     E il cielo e ’l mondo e l’abbisso cadessi.

66 Falseron, ch’avea tanto desiato
     Di ritrovarsi alle man con Orlando,
     Fu d’un altro proposito mutato,
     Quando e’ lo vide venir furiando,
     Che Lucifer pareva scatenato:
     Appollin, disse, io mi ti raccomando,
     Non mi lasciar così morire in fretta,
     Lasciami far del mio figliuol vendetta.

67 Ma come Orlando a Falseron fu presso:
     O traditor, gridò di lunge forte,
     questo non è quel che mi fu promesso,
     Di perdonar di Ferraù la morte;
     Or si cognosce traditore espresso
     Il tuo Marsilio e tutta la sua corte,
     Che si vorrebbe con teco impiccarlo;
     Questo è il tributo che s’aspetta a Carlo?

68 Non ti vergogni d’avermi tradito,
     E dato il bacio come Scariotto,
     Quando di Francia ti fusti partito?
     E non si vide mai crucciato o rotto
     Orlando, quanto quel dì fu sentito;
     Poi lasciava la lancia andar di botto,
     E prese Falserone appunto al petto,
     Gridando: Or chiama il tuo can Macometto.