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318 il morgante maggiore.

19 Già eran tutti i paladini insieme
     Ristretti con Orlando, a consigliare
     Della battaglia che ciascun qui teme,
     Come e’ si debba le gente ordinare:
     Orlando per dolor sospira e geme,
     E non poteva a gnun modo parlare,
     D’aver condotto sì miseramente
     In Roncisvalle a morir la sua gente.

20 Ed Ulivier dicea: Caro cognato,
     Meglio era, omè, tu m’avessi creduto:
     Già è più tempo ch’io t’ho predicato
     Ch’io avevo Marsilio cognosciuto
     Traditor prima che fussi creato;
     E tu credevi e’ mandassi il tributo:
     E Carlo aspetta le mummie a San Gianni:
     Di Gan, non credo che nessun s’inganni,

21 Salvo che lui, poi che gli crede ancora,
     Ed ha condotti a questa morte tutti;
     Ma quel Marsilio, se nessun lo ignora,
     Fra molti vizii tutti osceni e brutti,
     Una invidia ha nell’ossa che ’l divora,
     Che si cognosce finalmente a’ frutti;
     Io l’ho sempre veduto in uno specchio
     Un tristo, un doppio, un vil traditor vecchio.

22 Malgigi è quel che lo cognosce appunto,
     E mille volte pur te l’ha già detto;
     E che e’ dovessi il campo stare in punto,
     Gridato ho tanto, ch’io n’avea sospetto:
     Non m’hai creduto; ora è quel tempo giunto
     Che tanti annunzii tristi hanno predetto:
     Ora hai tanto bramato, or mi perdona,
     Come nespola in capo la corona.

23 Orlando non rispose a quel che disse
     Ulivier, perchè il ver non ha risposta;
     E benchè la risposta pur venisse,
     Le parole non vengono a sua posta.
     Il campo intanto a ordine si misse,
     E per fare alto ad Orlando s’accosta,
     Che fece a tutti ordinar colezione,
     Poi disse pur quest’ultima orazione: