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canto ventesimoquinto. 299

264 Sappi che ognun che v’ha beuto mai,
     Subito par che spiritato sia;
     Però, se tu bevesti, in corpo l’hai.
     Rispose il santo: Per la fede mia,
     Che questa volta tu non t’apporrai;
     Perch’io farò che pel contrario fia,
     Che quanti indemoniati qua beranno,
     Gli spiriti d’addosso fuggiranno;

265 E però, bestia, ritorna nel gagno.
     E così doppia grazia render volle.
     Io manderò là presto un mio compagno,
     Prima che sien montati in su quel colle,
     Squarciaferro, uno spirito mascagno:16
     Vedren se ignun di lor fia tanto folle,
     Ch’e’ creda a questo all’abito e la voce:
     Tu sai il proverbio, che il tentar non nuoce.

266 Rispose il nigromante: Or ferma il punto,
     Pensa ch’ognun abbi la sua malizia;
     Questo Astarotte sa la birba appunto
     Della fonte e del santo di Galizia;
     Guarda che qui tu non resti poi giunto,
     Però che c’è de’ cattivi dovizia;
     Grattugia con grattugia non guadagna,
     Altro cacio bisogna a tal lasagna.

267 Non so quel che Astarotte o Farferello,
     Rispose Rubicante, facci o dica;
     Ma spesso par serrato un chiavistello,
     Il qual tu non tentasti per fatica,
     Chè non era chiavato il boncinello;17
     E così, per non legger la rubrica,
     La poca diligenzia paga il frodo;
     Perde il punto il sartor che non fa il nodo.

268 Solo una cosa contrappesa qui;
     Che se Rinaldo in Roncisvalle va,
     Molti Pagan per lui morranno il dì,
     Sì che l’inferno in gran festa sarà;
     Però che verisimil par così:
     Ed Astarotte il suo conto farà,
     Che Belzebù non lo possi riprendere;
     E so ch’egli ha del cattivo da vendere.