124 S’io ti dicessi in che modo io pillotto,17
O tu vedessi com’io fo col braccio,
Tu mi diresti certo ch’io sia ghiotto;
O quante parte aver vuole un migliaccio,
Che non vuole essere arso, ma ben cotto,
Non molto caldo, e non anco di ghiaccio,
Anzi in quel mezzo, e unto, ma non grasso
Pàrti che il sappi? e non troppo alto o basso.
125 Del fegatel non ti dico niente:
Vuol cinque parte: fa’ ch’alla man tenga;18
Vuole esser tondo, nota sanamente,
Acciò che ’l fuoco equal per tutto venga,
E perchè non ne caggia, tieni a mente,
La gocciola che morbido il mantenga:
Dunque in due parte dividiam la prima,
Chè l’una e l’altra si vuol farne stima.
126 Piccolo sia questo, ed è proverbio antico,
E fa’ che non sia povero di panni;19
Però che questo importa ch’io ti dico;
Non molto cotto, guarda non t’inganni,
Chè così verdemezzo come un fico,
Par che si strugga quando tu l’azzanni;
Fa’ che sia caldo; e puoi sonar le nacchere20
Con spezie e melarance e l’altre zacchere.
127 Io ti darei qui cento colpi netti,
Ma le cose sottil vo’ che tu creda,
Consiston nelle torte e ne’ tocchetti,
E ti fare’ paura una lampreda,
In quanti modi si fanno i guazzetti:
E pur chi l’ode poi convien che ceda,
Perchè la gola ha settantadue punti,
Sanza molt’altri poi ch’io ve n’ho aggiunti.
128 Un che manchi, guasta la cucina:
Non vi potrebbe il ciel poi rimediare:
Quanti segreti insino a domattina
Ti potrei di quest’arte rivelare!
Io fui ostiere alcun tempo in Egina,
E volli queste cose disputare.
Or lasciam questo, e d’udir non t’incresca
Un’altra mia virtù cardinalesca.