119 Uno spirto chiamato è Astarotte,
Molto savio, terribil, molto fero,
Questo si sta giù nelle infernal grotte:
Non è spirto folletto, egli è più nero:
Malgigi scongiurò quello una notte,
E disse: Dimmi di Rinaldo il vero,
Poi ti dirò quel che mi par tu faccia:
Ma non guardar con sì terribil faccia.
120 Se questo tu farai, io ti prometto
Ch’a forza mai più non ti chiamo o invoco,
E d’ardere alla morte un mio libretto,
Che ti può sol costringer d’ogni loco,
Sì che poi più tu non sarai costretto.
Per che lo spirto, braveggiato un poco,
Istava pure a vedere alla dura,
Se far potessi al maestro paura.
121 Ma poi che vide Malgigi turbato,
Che voleva mostrar l’anel dell’arte,
E in qualche tomba l’arebbe cacciato;
Volentier sotto si misse le carte,
E disse: Ancor tu non hai comandato.
E Malagigi rispose: In qual parte
Si ritruovi Rinaldo e Ricciardetto
Fa’ che tu dica, e d’ogni loro effetto.
122 Rinaldo le piramide a vedere
È andato di Egitto, gli rispose
Questo démone; e se tu vuoi sapere
Tutti i suoi fatti, io t’ho a dir tante cose,
Che ’l sonno so non potresti tenere.
Disse Malgigi: Delle più famose
Notizia voglio, e però non t’incresca;
Ma dì più forte, acciò che ’l sonno m’esca.
123 Rinaldo Fuligatto aveva seco,
Disse Astarotte, infino a qui t’ho detto,
Quando altra volta ne parlai già teco;
Guicciardo suo, Alardo e Ricciardetto
Vollon veder tutto il paese greco,
E poi passar d’Elesponto lo stretto,
Perchè e’ sapevon per antica fama
Del monte eccelso che Olimpo si chiama.