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canto ventesimoquinto. 251

24 E pareva quel giorno veramente,
     Che tornò Furio alla città degna alma,
     Che correva a veder tutta la gente,
     E non mancò se non gittar la palma:
     Ma così tosto sarà ancor dolente
     Questa città, ch’oggi parea sì in calma,
     E reputava sdua salute Gano,
     Che dovessi portar la pace in mano.

25 Era il palazzo del re Bianciardino
     Presso alla corte di Marsilione:
     Il re con tutto il popol saracino
     Accompagnoron quivi Ganellone,
     Acciò che quel diavol tentennino
     Tentassi Gan, ch’era la tentazione;
     E così va Furcifer con Furcifero,
     Poi che ’l diavol vuol tentar Lucifero.

26 L’altra mattina il consiglio adunato,
     Marsilio fece una sedia parare
     D’incontra a sè, perchè il sinistro lato
     Non si potessi dal destro notare;
     E Gan con grande onor fu accompagnato,
     E tutto il popol veniva ascoltare
     Lo imbasciator, che di Francia è venuto;
     Ch’ognun s’avea della pace creduto.

27 Posti a sedere il re Marsilio e Gano,
     Quivi era Falserone, e Balugante,
     E Bianciardino appresso, e Gallerano,
     E l’Arcaliffa, ed alcun Ammirante:
     Guardato un tratto il gran popol pagano,
     Quel traditor che le sa tutte quante,
     Rivolse il viso al re Marsilione,
     Poi cominciò la sua degna orazione.

28 Quel vero Dio. che fece la natura,
     E dètte prima alle angeliche squadre
     La forma, il loco, il moto, e la misura,
     Poi nel campo Amascen fe il nostro padre;
     Che creato non fu, ma creatura,
     Onde tutti dannò la prima madre;
     Salvi e mantenga il bel vessillo e degno
     Del re Marsilio in grande stato e regno.