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238 | il morgante maggiore. |
<poem> 144 E se non fussi venuta la notte,
Non fu mai de’ Pagan sì gran macello: Eran tutte le squadre in fuga rotte; Orlando insieme col suo colonnello Gl’infilza per le fosse e per le grotte; Ma il Sol l’altro emisperio facea bello, E bisognoe per forza a questa volta Da ogni parte sonare a raccolta.
145 Chiese Antea triegua la sera a Orlando
Per venti dì, per seppellire i morti; Ma e’ converrà col fuoco ire abbruciando, O che il fiume o il diavol ne gli porti; E per venir la storia abbreviando, Orlando si tornò drento alle porti; E sopra tutto Gan non è contento, Se non iscambia questo tradimento.
146 Or chi vedessi il sanguinoso agone
Dove fu la battaglia presso a Senna, S’avessi un cor di pietra o di leone, Gli tremerrebbe come a me la penna: Sepolte eran nel sangue le persone. Or hai tu, Antea, dato in Francia la strenna Alla tua gente c’hai fatta morire, E non sai quel che di te dee seguire.
147 Lasciamo Orlando in Parigi tornato,
E ritorniamo a Marsilio in Ispagna, Che poi che v’era il Danese arrivato, E cognosceva sua prodezza magna, Pargli che ’l vento gli avessi spannato E spinto sopra la siepe la ragna, Ed aspettava le nuove di Francia, Come Antea abbi provata sua lancia.
148 Perchè e’ cognobbe del suo stato il rischio;
E intanto spacciò il fante Ganellone, E bisognoe che dicessi che il vischio D’Orlando non temeva l’acquazzone; E che i giganti si calorno al fischio, Ed Antea quasi scoperto ha il groppone: Come e’ si fa quando e’ casca giù il tordo, Che il cul si pela, fra morto e balordo.
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