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canto ventesimoquarto. 233

119 Tu sai ch’io ti condussi a Babillona,
     E rende’ del tuo padre in man lo scetro,
     E di mia man ti messi la corona,
     Che si soleva dar pel tempo addietro
     A chi con l’arme l’acquista in persona;
     Però le ragion tue son qui di vetro,
     Sendo per me regina coronata,
     Dond’io pensai tu mi fussi obligata.

120 Se Malagigi come negromante
     Ucciso ha Fallalbacchio e Cattabriga,
     Uccider gli poteva anche in Levante,
     S’avessin come qua cercato briga,
     E non avevon forma di gigante;
     Così matto con matto si castiga,
     Ed è ragion che ’l giuoco qui s’intavoli,
     Ch’egli uccidessi i diavoli co’ diavoli.

121 Or ti dirò quel che Ulivier m’ha detto,
     Che meco terminar vuoi questa guerra,
     E che combatte Cristo e Macometto
     Prima su ’n cielo, e noi quaggiù poi ’n terra:
     Per tanto io son parato, e ti prometto,
     Per quello Dio ch'è giusto e mai non erra,
     Se tu m’abbatti per forza di lancia,
     Tu arai tutto il reame di Francia.

122 Rispose Antea: E così ti giuro io,
     Inverso Babillona far ritorno,
     Se tu se’ vincitore; e sallo Dio
     Quant’io ho desiato questo giorno,
     Per veder tua prodezza, Orlando mio.
     E l’uno e l’altro a caval rimontorno,
     E rimontati, e girato la briglia,
     Del prato ognuno a suo modo ne piglia.

123 Non è spento il valor certo d’Antea,
     Ma molto men d’Orlando è la fierezza:
     Rivoltato il caval ciascuno avea,
     E nello scudo la lancia già spezza:
     Ma l’uno e l’altro una torre parea,
     Che folgor non che forza umana sprezza;
     Così la lancia pareggiata fue
     Da ogni parte per la lor virtue.