74 E disse a lor che toccassin la mano
A Ulivier, perch’egli è buon compagno;
E com’egli era un famoso Cristiano,
De’ primi paladin di Carlo Magno;
Ma l’uno e l’altro gigante villano
Gli fece prima uno sguardo grifagno,
E con un atto superbo piegossi,
E con fatica alla mano accostossi.
75 Ulivier rise, e guardò in viso Antea;
Ed alzò quanto può la mano in suso,
Acciò che Fallalbacchio non sel bea,
S’egli avessi più giù chinato il muso,
Perchè la bocca d’un forno parea;
E disse: Io son co’ giganti pur uso;
Ma questi sono, Antea, sì smisurati,
Che non mi paion bacalar da frati.
76 Non bisognava con questi Nembrotto
Facessi, per toccare il ciel, la torre,
Chè bastava l’un sopra e l’altro sotto,
Se si potessi in su le spalle porre;
Ma non l’arebbe un argano condotto:
E perchè insieme ragionare occorre,
Se vuoi ch’io dica, mandagli via tosto,
Chè bestiame mi par da star discosto.
77 E poi che molte cose furon dette,
E partiti costor, disse il Marchese:
Dunque tu vieni in fin, per far vendette
Del gran Soldan, se le parole ho intese:
Io non voglio allegarti un ben gli stette,
Chè il vero a tutto il mondo fu palese,
Perch’e’ m’increbbe di vederlo morto;
Ma sai ch’egli ebbe della guerra il torto.
78 E Ricciardetto ed io mancò per poco
Che da lui non avemmo ingiusta pena;
Tu eri a Montealbano in festa e ’n gioco,
E noi stavamo in carcere e in catena,
Sanza speranza, in tenebroso loco,
Dove lume non vien, se non balena:
Non parve opera degna del Soldano,
Sendo pur paladin di Carlo Mano.