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canto ventesimoquarto. 213

19 Or chi vorrà insegnare al traditore
     Commetter qualche scandol, qualche frodo,
     Sarà come chi insegna al buon sartore
     Tener l’anello in dito, o fare il nodo;
     Non è guarito Gan del peccatore,
     E scrisse al re Marsilio in questo modo:
     Salute in prima al gran signore Ispano
     Manda il suo caro umíl servitor Gano.

20 Tu vuoi, Marsilio, far come fa quello
     Che giuoca a scacchi, e pensa d’un bel tratto,
     E poi che l’ha veduto, d’un più bello
     Ricerca, e non gli basta scaccomatto:
     Il lupo vuol far pace coll’agnello,
     E che si scriva per suo dato e fatto;
     E statico il monton sia dato e’ cani,
     E tu sarai quel desso e’ tuoi Pagani.

21 Loica non è questa, ognun la intende,
     Salvo che Bianciardin, che tu mandasti;
     Il qual forse costì del senno vende,
     Ma qui non n’arrecò tanto che basti:
     Non so come le cetere or distende;
     Ma perchè molto me lo commendasti,
     Io feci più che tu non hai richiesto,
     E conferi’ quel che non era onesto.

22 E dissi pur che non credessi a Namo,
     E molto meno al duca di Bretagna,
     Ch’ognun ha sotto l’esca il fuoco e l’amo:
     E’ si pensò recarne in man la Spagna:
     E’ m’incresce che qua noi ne ridiamo,
     E presto arai la pace alle calcagna;
     Cioè Orlando, il nipote di Carlo,
     Che tutti siam d’accordo a coronarlo.

23 Tu hai pur tanto tempo combattuto
     Con Carlo, che oramai debbi sapere,
     Che vorrebbe dal ciel qualche tributo,
     Poi che Fiovo suo ebbe le bandiere;
     O forse Bianciardino è troppo astuto,
     E non ti lascia ogni cosa vedere:
     Però, se appresso a te quel savio tiensi,
     Fa che tu anche come savio pensi.