89 Ah, credi tu, Orlando, ch’io non sappi
Per che cagione io v’abbi qui invitati,
E quel che disse Rinaldo m’incappi?
E se di qui voi non fussi passati,
Egli eron ben più là tesi i calappi:15
Voi siete nella trappola ingabbiati,
Non uscirete mai di queste porte,
S’a tutto il popol mio non date morte.
90 E so che Gano è un, quel c’ha tradito
Tra questi il Veglio mio della montagna;
E s’alcun tordo da me s’è fuggito,
Quando e’ son troppi, egli sforzon la ragna;
Lascia pure ir, Rinaldo se n’è ito,
Io vo’ che qualcun preso ne rimagna:
Questo è Aldinghier che ’l mio parente uccise,
E so che Gano ogni ingegno vi mise,
91 Come colui che non ha un già fatto
De’ tradimenti e ’nganni alla sua vita;
Ma per tornar sì spesso al lardo il gatto,
La penitenzia sua non ha fuggita;
Guarda se questo colpo fu di matto,
E se Gan ben la tela aveva ordita!
Orlando si turbò quando udì questo,
E giudicò di Gan nel suo cor presto.
92 E volle al Saracin far la risposta:
Ma Aldinghier rispose innanzi a lui,
E disse: Diliante, la proposta
Perchè a me si dirizza, io son colui
Ch’uccisi il tuo parente; e a tua posta
Ti proverrò che traditor mai fui:
Uccisil con la lancia, e realmente,
E chi dice altro, per la canna mente.
93 Da ora innanzi, Diliante mio,
Come col Veglio a Monaca giostrai,
Che fu sanza peccato, e sallo Iddio,
Io giosterrò ancor teco, stu vorrai.
Rispose Diliante: Quel voglio io;
E stu m’abbatti, libero sarai,
E tutti in pace di qui ve n’andrete,
Ed anco le mie gente menerete.