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160 il morgante maggiore.

89 Ah, credi tu, Orlando, ch’io non sappi
     Per che cagione io v’abbi qui invitati,
     E quel che disse Rinaldo m’incappi?
     E se di qui voi non fussi passati,
     Egli eron ben più là tesi i calappi:15
     Voi siete nella trappola ingabbiati,
     Non uscirete mai di queste porte,
     S’a tutto il popol mio non date morte.

90 E so che Gano è un, quel c’ha tradito
     Tra questi il Veglio mio della montagna;
     E s’alcun tordo da me s’è fuggito,
     Quando e’ son troppi, egli sforzon la ragna;
     Lascia pure ir, Rinaldo se n’è ito,
     Io vo’ che qualcun preso ne rimagna:
     Questo è Aldinghier che ’l mio parente uccise,
     E so che Gano ogni ingegno vi mise,

91 Come colui che non ha un già fatto
     De’ tradimenti e ’nganni alla sua vita;
     Ma per tornar sì spesso al lardo il gatto,
     La penitenzia sua non ha fuggita;
     Guarda se questo colpo fu di matto,
     E se Gan ben la tela aveva ordita!
     Orlando si turbò quando udì questo,
     E giudicò di Gan nel suo cor presto.

92 E volle al Saracin far la risposta:
     Ma Aldinghier rispose innanzi a lui,
     E disse: Diliante, la proposta
     Perchè a me si dirizza, io son colui
     Ch’uccisi il tuo parente; e a tua posta
     Ti proverrò che traditor mai fui:
     Uccisil con la lancia, e realmente,
     E chi dice altro, per la canna mente.

93 Da ora innanzi, Diliante mio,
     Come col Veglio a Monaca giostrai,
     Che fu sanza peccato, e sallo Iddio,
     Io giosterrò ancor teco, stu vorrai.
     Rispose Diliante: Quel voglio io;
     E stu m’abbatti, libero sarai,
     E tutti in pace di qui ve n’andrete,
     Ed anco le mie gente menerete.