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156 il morgante maggiore.

69 Rinaldo assaporava le parole
     Del Saracin, che una non ne cade,
     E disse: Diliante, a me sol duole,
     Ch’a ringraziar tua tanta umanitade
     Sare’ prima da noi partito il sole:
     Ciò che tu di’ mi par la veritade,
     E tempo è d’accettar quel c’hai promesso,
     E di mandare presto a Uliva un messo.

70 Diceva Orlando a Diliante allora:
     Questa fanciulla, che Uliva è chiamata,
     Credo di noi ben si ricorda ancora;
     Perchè tu intenda, ella fu via menata,
     Uscendo un dì della sua terra fuora;
     Certi giganti l’avean trafugata;
     Noi gli uccidemo e liberamo quella,
     Ch’era condotta mal la meschinella,

71 E poi la rimenammo a casa al padre,
     E ’l re Gostanzo ne venne per questo
     A Babillona con tutte sue squadre,
     Come tu sai, chè so c’hai inteso il resto;
     E quanto le sue opre fur leggiadre,
     Credo ch’a tutto il mondo è manifesto:
     E la sua morte più che Uliva piansi,
     E quel ch’io fe’ nella penna rimansi.

72 Io rimandai il suo corpo imbalsimato
     Con grande onor, così di Spinellone;
     Non volli a’ beneficj essere ingrato;
     Ed anco uccisi il gigante ghiottone,
     Ch’uccise lui, sì ch’io l’ho vendicato:
     Mettasi al tuo consiglio essecuzione,
     E mandisi a Uliva adunque il messo.
     Disse Rinaldo: Ed io sarò quel desso.

73 Intanto qui la gente ordinerete;
     E tu, Orlando, a Parigi n’andrai,
     Per ispaniar qui di Gano ogni rete.
     Rispose Orlando: A tuo senno farai;
     Credo per mar più presto vi sarete.
     Aldinghier disse: Anco me menerai.
     Rinaldo disse: Io vo’ sol Ricciardetto,
     Guicciardo, Alardo; e missesi in assetto.