69 Rinaldo assaporava le parole
Del Saracin, che una non ne cade,
E disse: Diliante, a me sol duole,
Ch’a ringraziar tua tanta umanitade
Sare’ prima da noi partito il sole:
Ciò che tu di’ mi par la veritade,
E tempo è d’accettar quel c’hai promesso,
E di mandare presto a Uliva un messo.
70 Diceva Orlando a Diliante allora:
Questa fanciulla, che Uliva è chiamata,
Credo di noi ben si ricorda ancora;
Perchè tu intenda, ella fu via menata,
Uscendo un dì della sua terra fuora;
Certi giganti l’avean trafugata;
Noi gli uccidemo e liberamo quella,
Ch’era condotta mal la meschinella,
71 E poi la rimenammo a casa al padre,
E ’l re Gostanzo ne venne per questo
A Babillona con tutte sue squadre,
Come tu sai, chè so c’hai inteso il resto;
E quanto le sue opre fur leggiadre,
Credo ch’a tutto il mondo è manifesto:
E la sua morte più che Uliva piansi,
E quel ch’io fe’ nella penna rimansi.
72 Io rimandai il suo corpo imbalsimato
Con grande onor, così di Spinellone;
Non volli a’ beneficj essere ingrato;
Ed anco uccisi il gigante ghiottone,
Ch’uccise lui, sì ch’io l’ho vendicato:
Mettasi al tuo consiglio essecuzione,
E mandisi a Uliva adunque il messo.
Disse Rinaldo: Ed io sarò quel desso.
73 Intanto qui la gente ordinerete;
E tu, Orlando, a Parigi n’andrai,
Per ispaniar qui di Gano ogni rete.
Rispose Orlando: A tuo senno farai;
Credo per mar più presto vi sarete.
Aldinghier disse: Anco me menerai.
Rinaldo disse: Io vo’ sol Ricciardetto,
Guicciardo, Alardo; e missesi in assetto.