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136 il morgante maggiore.

147 Ecco che tu non hai goduto il regno,
     Che tu togliesti al signor nostro antico,
     Ch’andato è per lo mar con un sol legno
     Già tanto tempo, povero e mendico:
     Or vedi quanta forza ha il giusto sdegno!
     Guardisi ognun da popol suo nimico,
     Ch’io credo, che sia pur più su che ’l tetto,
     Chi vede e ’ntende ogni nostro concetto.

148 Poi si levò fra tutti un gran romore,
     E fu levato da caval di peso
     Orlando, e volean pur farlo signore:
     Orlando quanto può s’è vilipeso,
     Dicendo: Io non sono uom da tanto onore,
     E questo cavalier v’ha lui difeso,
     Che venne il primo a combattere al campo,
     Poi mi prestò il caval per vostro scampo;

149 Io non gli sarei buon drieto ragazzo.
     Adunque il duca Astolfo fu menato,
     E fatto lor signor drento al palazzo,
     E vuol con seco Orlando sempre allato;
     E tutto lieto è questo popol pazzo,
     Ed Astolfo è da tutti molto amato;
     Un’altra volta il crucifiggeranno,
     E chiameran crudel questo e tiranno.

150 Tant’è che spesso è util disperarsi,
     E fassi per isdegno di gran cose;
     Astolfo si sta ora a riposarsi,
     Non va più per le selve aspre e nascose,
     E non potea con Orlando saziarsi
     Di commendar sue opre alte e famose,
     E non conosce ancor chi sia costui,
     E parla tuttavia con esso lui.

151 Diceva Orlando: Io voglio in cortesia,
     Che tu mi dica se tu se’ Pagano,
     E ’l nome tuo. Astolfo rispondia:
     Chiamar mi fo per tutto Galliano,
     E nacqui di buon sangue in Barberia;
     Cercato ho tutto iol mondo, il poggio e il piano,
     E ’nsino a qui poca ventura ho avuto,
     Se non che tu vedi or quel ch’è accaduto.