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canto ventesimoprimo. 135

142 Chiaristante credette un uom di paglia
     Trovar che si lasciassi il mantel tòrre,
     E con gran furia par ch’Orlando assaglia,
     E ruppe la sua lancia in una torre.
     Orlando gli passò corazza e maglia
     D’un colpo, che non fe’ mai tale Ettorre,
     Ch’arebbe ben passato una giraffa,
     E non si disputò più della staffa.

143 Come caduto fu giù Chiaristante,
     Disse: Baron, per grazia ti domando,
     Chi tu ti sia, Cristiano o Affricante,
     Il nome tuo mi venga palesando;
     Io tolsi a un signor qua di Levante,
     Ch’andato è per lo mar poi tapinando,
     Greco appellato, di buona dottrina,
     Questa città per forza e per rapina.

144 Credo ch’io muoia per questo peccato,
     Chè così vuol la divina giustizia,
     E Macometto è quel che t’ha mandato,
     Per punir questo, ed ogni mia tristizia.
     Orlando del cavallo è dismontato,
     E ’l popol pieno intorno è di letizia,
     E disse nell’orecchio al Saracino:
     Sappi ch’io sono Orlando paladino.

145 Rispose Chiaristante: Io ti perdono,
     Da poi che s’io dovevo pur morire,
     Dal più franco guerrier del mondo sono
     Ucciso; e non potè più oltre dire.
     Il popol si levò tutto a un tuono,
     Come e’ fu morto, quel corpo a schernire;
     E non pareva ignun contento o sazio,
     Se non faceva di lui qualche strazio.

146 Chi gli mordeva il braccio e chi le mani,
     Chi lo pelava, chi ’l petto gli straccia;
     Pareva una lepretta in mezzo a’ cani,
     Come veggiam talvolta presa a caccia,
     Così mordean costui questi Pagani;
     Chi lo calpesta, e chi gli sputa in faccia,
     Dicendo: Ora è venuta l’ora e ’l punto,
     Che ’l tuo peccato t’ha, traditor, giunto.