137 Poi si rizzò lui e ’l destrier su presto;
Diceva Astolfo: Tu se’ mio prigione.
Disse il Pagano: E’ non sarebbe onesto,
Chè fu difetto del caval rozzone.
Rispose Astolfo: E chi giudica questo?
Colui ch’uccise un qua con un punzone,
Disse il Pagan, ch’Orlando avea veduto,
E molto gli era quell’atto piaciuto.
138 Rispose Astolfo: Sia quel delle pugna.
Orlando dette a Chiaristante il torto:
Disse il Pagan: Tedesco pien di sugna,
Vedi tu ch’io non t’avea ben scorto,
Che dèi succiar più vin ch’acqua la spugna;
Io veggo ben che tu mi guati torto:
Non fu mai guercio di malizia netto,
Ch’io ti conosco insin drento all’elmetto.
139 Rispose Orlando: Tu mi domandasti,
Non vuoi tu ch’io risponda al parer mio?
Tu sai che l’una staffa abandonasti,
Ognun giudicherà come ho fatt’io:
Ma s’a tuo modo, Pagan, non cascasti,
E di cader di nuovo hai pur disio,
Così cattivo e guercio, come hai detto
Con teco giostrerrò per Macometto.
140 Vero è che ’l mio caval, come ognun vede,
è molto magro, e stracco, e ricaduto;
Ma noi possiam provar le spade a piede.
Rispose Astolfo: Questo è ben dovuto:
E quel che fussi Orlando, mai non crede.
Orlando avea ben lui già conosciuto,
Ma perchè e’ parla come Saracino,
Non si conosce lui nè Vegliantino.
141 E se tu vuoi ch’io ti presti il cavallo,
Diceva Astolfo, io son molto contento.
Rispose il Saracin: Se vuoi accettallo,
Noi proverremo questo tuo ardimento,
Da poi che m’ha invitato un vil vassallo,
Che de’ tuoi par ne vo’ dintorno cento.
Rispose Orlando: E’ basterà forse uno;
Tanto è che e’ preson del campo ciascuno.