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134 il morgante maggiore.

137 Poi si rizzò lui e ’l destrier su presto;
     Diceva Astolfo: Tu se’ mio prigione.
     Disse il Pagano: E’ non sarebbe onesto,
     Chè fu difetto del caval rozzone.
     Rispose Astolfo: E chi giudica questo?
     Colui ch’uccise un qua con un punzone,
     Disse il Pagan, ch’Orlando avea veduto,
     E molto gli era quell’atto piaciuto.

138 Rispose Astolfo: Sia quel delle pugna.
     Orlando dette a Chiaristante il torto:
     Disse il Pagan: Tedesco pien di sugna,
     Vedi tu ch’io non t’avea ben scorto,
     Che dèi succiar più vin ch’acqua la spugna;
     Io veggo ben che tu mi guati torto:
     Non fu mai guercio di malizia netto,
     Ch’io ti conosco insin drento all’elmetto.

139 Rispose Orlando: Tu mi domandasti,
     Non vuoi tu ch’io risponda al parer mio?
     Tu sai che l’una staffa abandonasti,
     Ognun giudicherà come ho fatt’io:
     Ma s’a tuo modo, Pagan, non cascasti,
     E di cader di nuovo hai pur disio,
     Così cattivo e guercio, come hai detto
     Con teco giostrerrò per Macometto.

140 Vero è che ’l mio caval, come ognun vede,
     è molto magro, e stracco, e ricaduto;
     Ma noi possiam provar le spade a piede.
     Rispose Astolfo: Questo è ben dovuto:
     E quel che fussi Orlando, mai non crede.
     Orlando avea ben lui già conosciuto,
     Ma perchè e’ parla come Saracino,
     Non si conosce lui nè Vegliantino.

141 E se tu vuoi ch’io ti presti il cavallo,
     Diceva Astolfo, io son molto contento.
     Rispose il Saracin: Se vuoi accettallo,
     Noi proverremo questo tuo ardimento,
     Da poi che m’ha invitato un vil vassallo,
     Che de’ tuoi par ne vo’ dintorno cento.
     Rispose Orlando: E’ basterà forse uno;
     Tanto è che e’ preson del campo ciascuno.