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canto ventesimoprimo. 131

122 Quel messaggio le stimite faceva,13
     E dice: Tu debbi esser qualche pazzo.
     Astolfo un’altra volta gli diceva:
     Ritornati al signor, dico, al palazzo.
     L’oste si tacque e nulla rispondeva;
     Disse colui: La cosa va di guazzo;
     Questo poltron riprende il signor nostro!
     Lascia ch’io torni e fiagli l’error mostro.

123 Vanne al signor com’un gatto arrostito
     Subito, e ’nginocchiossi il damigello,
     E dice ciò ch’egli aveva sentito.
     Disse il signor: Chi fia quel ladroncello?
     E’ sarà qualche matto ch’è smarrito:
     Ma l’oste non rispose nulla a quello?
     Disse il sergente: E’ s’intendea con lui;
     E non mi pare un matto anco costui.

124 Rispose Chiaristante: Or torna tosto,
     Digli che vengan lui e l’oste a me;
     Ma e’ si sarà o fuggito, o nascosto.
     Dicea il messaggio: Non fia per mia fe
     Fuggito, in modo, ti dico, ha risposto.
     Astolfo stava armato e sopra sè,
     E disperato va cercando guerra;
     E ’ntanto il messo torna dalla terra.

125 E dice: Tu che rispondesti dianzi;
     Dice il signor, che l’oste e tu vegnate
     A corte presto: avviatevi innanzi:
     E vuogli mandar fuor con le granate.
     Rispose Astolfo: Acciò che tempo avanzi,
     Dì al signor m’aspetti alla cittate,
     Se meco vuol provarsi; e digli come,
     Se nol sapessi, Galliano ho nome.

126 E ch’io farò forse costargli caro
     Questa imbasciata, e vengo ora a trovallo.
     Il messo torna con un viso amaro,
     E disse: E’ viene a trovarvi a cavallo;
     E dice è Gallian, per farti chiaro:
     E’ mi faceva paura a guardallo:
     E che se voi volete la donzella,
     La vuol con voi giostrar sopra la sella.