112 Orlando i colpi allor misura e ’nsala,
Però ch’a mal partito si vedea:
Ecco il grifon che per l’aria giù cala
Con tal furor che non si conoscea
Se fussi un vento o pure uccel con l’ala;
E un lion, che più pressa facea
Al conte Orlando, cogli unghion ghermia
Agli occhi, tal che schizzar gli facia.
113 Questo lion dalla zuffa si spicca:
Orlando un altro col brando n’uccide,
E poi col quarto il grifon si rappicca
Per aiutar Orlando, e in aria stride;
E poi in un tratto gli artigli gli ficca
Nel capo, e strinse, insin che morto il vide,
Chè gli cacciò gli unghion fino al cervello:
Adunque buono amico è questo uccello.
114 Non si perdè servigio mai nessuno:
Servi qualunque, e non guardar chi sia,
Dice il proverbio; e stu disservi alcuno,
Pensa che a tempo la vendetta fia;
Ma semina tra’ sassi o sotto il pruno,
Sempre germuglia al fin la cortesia;
E noti ognun la favola d’Isopo,
Che il lion ebbe bisogno d’un topo.
115 Vuolsi servire insino agli animali,
Chè qualche volta merito si rende,
Come dicono i detti de’ morali,
E fassi schiavo chi il servigio prende,
E tanto è degno più, quanto più vali;
Sempre il servigio il cuor d’amor raccende,
E vien da generoso animo e magno,
E torna al fine a casa con guadagno.
116 Quel lion cieco il grifon non l’offese
Per gentilezza, e così fece Orlando;
E finalmente le grande alie stese,
E dipartissi per l’aria volando:
E così il suo cammin Orlando prese,
Astolfo pure all’usato cercando;
E cavalcando giorno e notte questo,
Giunse a Corniglia, abbreviando il testo.