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canto ventesimoprimo. 121

72 Non domandar come il drago si cruccia,
     E, come e’ vide Rinaldo, si rizza:
     Rinaldo trasse, e la spada gli smuccia
     Al collo, tal che gli cava la stizza,
     Ch’appena sol si tenev’a la buccia,
     Tanto che poco la coda più guizza:
     Dunque Rinaldo è quel ch’uccise il drago,
     E fe di sangue e di veleno un lago.

73 Malgigi a quella imagine s’accosta,
     Ch’era fatta di cera pura e bella.
     Delle prime ape, molto ben composta
     Sotto costellazion d’alcuna stella,
     Con tutti i membri insino a una costa;
     E sopra il destro piè si posa quella,
     Sospeso avendo la sinistra gamba
     Di scorcio, strana, orribil, torta e stramba.

74 La faccia aveva soprattutto fiera:
     Malgigi, che sapea di punto il giuoco,
     Fece per arte, che l’aveva vera,
     Presto apparire un gran lampo di fuoco,
     Che s’appiccò di tratto a quella cera,
     E struggela, e consuma a poco a poco;
     E mentre che così la cera scema,
     L’aria e la terra ed ogni cosa triema.

75 Rinaldo più d’un tratto s’è riscosso
     Per la paura che gli entrò nel cuore:
     Malgigi gli facea sigilli addosso,
     E disse: Non aver di ciò timore;
     Fa che per nulla tu non ti sia mosso,
     Vedrai che presto cesserà il furore.
     Ma in questo che l’immagin si struggea,
     Mirabil cose la donna facea.

76 Ella si storce, rannicchia e raggruppa,
     Poi si distende come serpe o bisce,
     Poi si raccoglie e tutta s’avviluppa;
     Ella si graffia, e percuote e stridisce;
     E tutta l’aria in un tratto s’inzuppa
     Di piogge e venti, e co’ tuoni squittisce,
     E grandine e tempeste e ’ncendii e furie
     Cominciono apparir, con triste agurie.