52 Orlando ed Ulivier si riprovorno,
E gli altri, se potessino ammazzalla,
E molti colpi alla donna menorno;
Ella rideva, e ’l lor pensier pur falla:
Alcuna volta alla porta n’andorno:
Quivi persona non era a guardalla;
Ma per se stessa, come ignun s’accosta,
Si riserrava ed apriva a sua posta.
53 Dunque e’ si reston pur drento al castello,
Ognun da questo error molto confuso.
Intanto Malagigi lor fratello,
Gittando l’arte un giorno com’era uso,
Vide e conobbe finalmente quello,
Come Rinaldo suo si sta rinchiuso,
E che questo è per forza di malía,
E subito a Guicciardo lo dicía.
54 Ed a Parigi presto a Astolfo scrisse,
Che subito venissi a Montalbano;
Astolfo per camin tosto si misse,
Tanto che tocca a Malgigi la mano:
Quale ogni cosa di punto gli disse,
Ed accordârsi tutti a mano a mano,
Guicciardo, Alardo, ire a trovar costoro;
Per la qual cosa Antea volle ir con loro:
55 Dicendo: Io rivedrò Rinaldo mio.
E poi che molti giorni sono andati,
Anzi volati, come fa il disio;
Tre cavalier pagani hanno scontrati,
E salutârsi nel nome di Dio:
L’un di costor, come e’ si son trovati,
Guardava pur d’Astolfo il suo cavallo,
E non si vergognò di domandallo.
56 Era chiamato il Saracin Liombruno,
Nipote di Marsilio re di Spagna;
E dice: Mai caval non vidi alcuno,
Che non avessi in sè qualche magagna,
Salvo ch’io n’ho pure oggi veduto uno,
E ’ntendo che con meco si rimagna.
Diceva Astolfo: Odi pensier fallace!
Quanto più il lodi, tanto più mi piace.