27 Mai non si vide più sozza figura,
Tanto ch’ella pareva la versiera,
E Satanasso n’arebbe paura,
E Tesifone2 ed Aletto e Megera;
E gran fatica fia drento alle mura
Entrar per questa spaventevol fiera:
E de’ giganti ogni cosa contavano,
Di lor costumi, e quel che in man portavano.
28 Or questo è quel ch’a Rinaldo piaceva,
Quanto e’ sentia più cose oscure e sozze;
E dove far qualche mischia credeva,
E’ gli pareva proprio andare a nozze:
Non domandar come il cuor gli cresceva:
E dice: Se le man non mi son mozze,
Io ne farò come torso di cavolo;
Vedrem chi fia di noi maggior diavolo.
29 Non mangia a mezzo, chè sellò Baiardo;
Orlando e gli altri seguitavan quello:
Rinaldo se ne va sanza riguardo
Subito a una porta del castello;
Fecesi incontro un fier lion gagliardo,
Che si pensava abboccare un agnello:
Rinaldo e gli altri eran tutti smontati,
E i cavalli a Rinieri avevon dati.
30 Questo lion di terra un salto spicca,
Ed a Rinaldo si scagliava addosso;
I fieri artigli nello scudo ficca,
La bocca aperse, e ’l capo un tratto ha scosso.
Rinaldo un colpo alle zampe gli appicca,
E tagliagli la carne, e ’l nervo e l’osso:
Donde il lion diè in terra della bocca;
Allor Rinaldo alla testa raccocca.
31 E spiccò il capo dallo ’mbusto a questo,
E morto si rimase in su la soglia.
Disse Aldinghieri: Io mi ti manifesto:
Uccider vo’ quest’altro, ch’io n’ho voglia.
Rinaldo gli rispose: Uccidil presto,
Acciò che non ti dessi affanno e doglia.
Dunque Aldinghier non dicea più parola,
Ma missegli la spada nella gola.