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112 il morgante maggiore.

27 Mai non si vide più sozza figura,
     Tanto ch’ella pareva la versiera,
     E Satanasso n’arebbe paura,
     E Tesifone2 ed Aletto e Megera;
     E gran fatica fia drento alle mura
     Entrar per questa spaventevol fiera:
     E de’ giganti ogni cosa contavano,
     Di lor costumi, e quel che in man portavano.

28 Or questo è quel ch’a Rinaldo piaceva,
     Quanto e’ sentia più cose oscure e sozze;
     E dove far qualche mischia credeva,
     E’ gli pareva proprio andare a nozze:
     Non domandar come il cuor gli cresceva:
     E dice: Se le man non mi son mozze,
     Io ne farò come torso di cavolo;
     Vedrem chi fia di noi maggior diavolo.

29 Non mangia a mezzo, chè sellò Baiardo;
     Orlando e gli altri seguitavan quello:
     Rinaldo se ne va sanza riguardo
     Subito a una porta del castello;
     Fecesi incontro un fier lion gagliardo,
     Che si pensava abboccare un agnello:
     Rinaldo e gli altri eran tutti smontati,
     E i cavalli a Rinieri avevon dati.

30 Questo lion di terra un salto spicca,
     Ed a Rinaldo si scagliava addosso;
     I fieri artigli nello scudo ficca,
     La bocca aperse, e ’l capo un tratto ha scosso.
     Rinaldo un colpo alle zampe gli appicca,
     E tagliagli la carne, e ’l nervo e l’osso:
     Donde il lion diè in terra della bocca;
     Allor Rinaldo alla testa raccocca.

31 E spiccò il capo dallo ’mbusto a questo,
     E morto si rimase in su la soglia.
     Disse Aldinghieri: Io mi ti manifesto:
     Uccider vo’ quest’altro, ch’io n’ho voglia.
     Rinaldo gli rispose: Uccidil presto,
     Acciò che non ti dessi affanno e doglia.
     Dunque Aldinghier non dicea più parola,
     Ma missegli la spada nella gola.