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canto quarto. 79

94 E questo è Ulivier, ch’ha tanta fama,
     E cognato è del nostro conte Orlando;
     Costui Dodon figliuol d’Uggier si chiama,
     Che venne Macometto già adorando:
     Or per seguir più oltre nostra brama,
     Così pel mondo ci andiam tapinando,
     Perchè di corte Orlando s’è partito,
     Nè ritrovar possiam ove sia gito.

95 Detto ci fu che qua verso Levante
     Era venuto da un nostro abate,
     E ch’egli aveva con seco un gigante:
     Cercando andian drieto alle sue pedate.
     Or ti dirò più oltre, o re Corbante:
     Perchè pur Macometto qua adorate,
     Siete perduti, e il vero Iddio è il nostro,
     Che del vostro peccar gran segno ha mostro.

96 Non apparì questo animal crudele
     Sanza permission del nostro Iddio,
     A divorare il popolo infedele;
     Ma perch’egli è pietoso, e giusto, e pio,
     T’ha liberato da sì amaro fele
     Perchè tu lasci Macon falso e rio:
     Fa che conosca questo beneficio,
     Sanza aspettar da lui màggior giudicio.

97 Lascia Apollino e gli altri vani Dei,
     E torna al nostro padre benedetto,
     E Belfagorre, e mille Farisei;
     Battezza il popol tuo, ch’è maladetto:
     Di ciò molte ragion t’assegnerei,
     Ma tu se’ savio e intendi con effetto;
     So che conosci ben, che quel dragone
     Non apparì qua a te sanza cagione.

98 Ogni cosa t'avvien pe’ tuo'peccati:
     Tu se'il pastor che gli altri dèi guardare,
     E molto più di te sono scusati:
     Non t’ha voluto Cristo abbandonare;
     Vedi ch’a tempo qua fummo mandati,
     Che la tua figlia ha voluta salvare:
     Dunque ritorna alla sua Santa Fede
     Di quell’Iddio, ch’ebbe di te merzede.